Sono a Douglas,
Isola di Man, e manca una settimana al TT del 2008. Sto salendo sulla navetta dell'hotel quando sento un inconfondibile accento padovano. Mi siedo vicino a Michele e ci presentiamo. Il giorno dopo facciamo ben
tre memorabili giri del circuit in compagnia di gente come
Mario Lega ed
Helmut Dahne. Che esperienza.
In estate Michele sarebbe partito per un raid in Etiopia in collaborazione con BMW. Sarebbe stata la prima spedizione per la F800 GS e una prova generale in vista di un viaggio molto più lungo, quello che lo avrebbe portato da Città del Capo a Capo Nord nel 2010. Decisi di scriverci un articolo e rimanemmo in contatto.
Fu così che nacque una bell'amicizia che presto mi portò in viaggio con lui. Giro d'Italia, Vietnam, Ladakh, Mongolia… Perché Michele è così, è uno che ti trascina in ciò che fa con un entusiasmo contagioso. Prepara tutto, ti mette sul tavolo la cosa già fatta e non puoi che saltare in sella.
Ma come riusciva (e riesce) a conciliare l'incontenibile passione per le avventure in moto con gli impegni professionali e la famiglia?
La scorsa settimana
ho intervistato Riccardo Prati che, al contrario di Michele, per seguire il demone dei viaggi ha rinunciato alla routine di una vita “ordinaria”. Soprattutto molti giovani mi sembrano pensare che questo sia l'unico modo per poter viaggiare, mollare tutto e andare, ma forse non è così.