Quando penso al personal branding, mi vengono in mente due colori: il giallo e il rosso. E un volto di quelli simpatici, con un mucchio di ricci spettinati in testa. E poi mi viene in mente una domanda: sei davvero tu quello lì? E ti piace?
Oggi analizzo brevemente alcune persone che mi ispirano, da un punto di vista comunicativo. Quel che però vorrei dire è altro: si tratta solo di metà della storia.
La comunicazione è solo metà del gioco.
Prima che qualcuno ti riconosca, c’è da prendere la decisione più grande: per cosa vuoi essere conosciuto? Da chi?
Si tratta di comprendere “chi vuoi essere per chi”.
È metà calcolo, metà cuore
L’altra metà della storia è comprendere che l’esposizione, la visibilità, la strategia e le tattiche non possono mai compensare il senso e il significato delle nostre vite.
Perché, potrebbe anche essere che gli altri non se ne accorgano. E che questo ci faccia crescere e prosperare sul mercato.
Ma, prima o poi, arriva il momento in cui, da soli e con noi stessi, ci faremo la domanda: “Sei davvero tu quello lì? E ti piace?”
Il personal branding continua a essere descritto come l’insieme di tattiche e tecniche per piacere agli altri. Invece è solo un altro termine che indica il tentativo di piacere a noi stessi.