BONUS TRACK: E’ L'ANNO CHE FA LA MAGLIA
In questi giorni sto un po’ rosicando. Molti club stanno infatti presentando i loro kit per la nuova stagione, un momento di grande hype per la metà de L'Orologio che riempie casa sua di magliette di qualsiasi sport. É una questione di estetica, di linguaggio e soprattutto di rappresentanza: come ci vestiremo, l'anno prossimo?
I leaks della prima maglia (e del concept della seconda) sono ormai di dominio pubblico e il buon Scudieri ne ha già parlato settimana scorsa. Quindi - in trepidante attesa del video di presentazione - concediamo un bel throwback sugli ultimi anni, tra esperimenti riusciti e altri finiti maluccio.
Con una grande consapevolezza: i gusti, in fatto di magliette, sono terribilmente personali. Non esiste un unico canone di gradimento, perché c'è a chi piace più originale - a chi più tradizionale - a chi più aggiungete il riferimento che vi pare.
Visto che quando parlo di magliette sono abbastanza logorroico, facciamo così: vi dico le mie tre preferite dell'era Suning e vi spiego perché. Se vi va, potete scrivere alla mail de L'Orologio (o su uno qualsiasi dei canali social del podcast, ormai li sapete) e dirmi le vostre scelte. Cominciamo!
PRIMA MAGLIA - 2017/18
La prima stagione di Luciano Spalletti all'Inter rappresenta un passo storico per la società che dopo troppi anni nell'anonimato riesce a togliersi dal pantano della mediocrità e accede in Champions League dopo un percorso che ci ricordiamo tutti quanti.
A rigor di logica, le magliette di quell'anno - quella che Vecino si toglie dopo averla presa nel mezzo dell'area della Lazio - dovrebbero per forza di cose suscitare ricordi felici. Ma se il secondo e il terzo kit risultano a oggi piuttosto anonimi (sono dovuto andare a cercarli su Google per ricordarmeli) l'esperimento “codice fiscale” risulta piuttosto azzeccato.
O perlomeno si è conquistato un posto nel mio cuore, anche grazie a uno scatto super simbolico di mi sembra Inter-Sassuolo, la partita in cui Politano si è conquistato l'acquisto dell'estate successiva e che è costata a molti tifosi un paio d'anni di vita. Rafinha ha segnato il gol della speranza, dopo oltre settanta minuti di niente assoluto, e il modo passionale e sfrenato con cui esalta per me è valso tantissimo, di un giocatore davvero sfortunato e che ricordo come l'amore fugace ai tempi del liceo. Mi manchi tanto, Raffo.